ITALO
CALVINO - 1965
L'antilingua
Il brigadiere è
davanti alla macchina da scrivere. L'interrogato, seduto davanti a lui,
risponde alle domande un po' balbettando, ma attento a dire tutto quel
che ha da dire nel modo più preciso e senza una parola di troppo:
"Stamattina presto
andavo in cantina ad accendere la stufa e ho trovato tutti quei fiaschi
di vino dietro la cassa del carbone. Ne ho preso uno per bermelo a cena.
Non ne sapevo niente che la bottiglieria di sopra era stata scassinata".
Impassibile, il brigadiere batte veloce sui tasti la sua fedele trascrizione:
"Il sottoscritto essendosi recato nelle prime ore antimeridiane
nei locali dello scantinato per eseguire l'avviamento dell'impianto
termico, dichiara d'essere casualmente incorso nel rinvenimento di un
quantitativo di prodotti vinicoli, situati in posizione retrostante
al recipiente adibito al contenimento del combustibile, e di aver effettuato
l'asportazione di uno dei detti articoli nell'intento di consumarlo
durante il pasto pomeridiano, non essendo a conoscenza dell'avvenuta
effrazione dell'esercizio soprastante".
[
]
"Ogni
giorno, soprattutto da cent'anni a questa parte, per un processo ormai
automatico, centinaia di migliaia di nostri concittadini traducono mentalmente
con la velocità di macchine elettroniche la lingua italiana in
un'antilingua inesistente. Avvocati e funzionari, gabinetti ministeriali
e consigli d'amministrazione, redazioni di giornali e di telegiornali
scrivono parlano pensano nell'antilingua. Caratteristica principale
dell'antilingua è quello che definirei il "terrore semantico",
cioè la fuga di fronte a ogni vocabolo che abbia di per se stesso
un significato [
]. Nell'antilingua i significati sono costantemente
allontanati, relegati in fondo a una prospettiva di vocaboli che di
per se stessi non vogliono dire niente o vogliono dire qualcosa di vago
e sfuggente [
]
Chi parla l'antilingua
ha sempre paura di mostrare familiarità e interesse per le cose
di cui parla, crede di dover sottintendere: "io parlo di queste
cose per caso, ma la mia funzione è ben più in alto delle
cose che dico e che faccio, la mia funzione è più in alto
di tutto, anche di me stesso". La motivazione psicologica dell'antilingua
è la mancanza d'un vero rapporto con la vita, ossia in fondo
l'odio per se stessi. La lingua invece vive solo d'un rapporto con la
vita che diventa comunicazione, d'una pienezza esistenziale che diventa
espressione. Perciò dove trionfa l'antilingua - l'italiano di
chi non sa dire "ho fatto" ma deve dire "ho effettuato"
- la lingua viene uccisa."
Fonte:
Italo Calvino, "L'antilingua", in: Una pietra sopra. Discorsi
di letteratura e società, Milano, Arnoldo Mondatori Editore,
1995, pp. 149-154 (prima pubblicazione su "Il Giorno", 3 febbraio
1965)